Con “Doppio specchio” in scena al Serra la famiglia e i suoi tabù

Una madre e una figlia si rivedono l’una nell’altra, mentre affrontano le difficoltà di una società patriarcale e provinciale
Farsi donna in provincia sviscerando i segni, i silenzi, i diktat di una società secolare. È il tema di “Doppio Specchio” di Anita Mosca in scena con Isabella Mosca Lamounier. Musiche originali Salvatore Morra. Opere pittoriche Ciro Di Matteo. Movimenti scenici Mariacira Borrelli e Rosario Liguoro. Una produzione “Itinerarte” al Teatro Serra di Napoli, in Via Diocleziano 316, dal 17 al 19 ottobre (venerdì e sabato ore 21:00, domenica ore 18:00).
Piuma e schianto. Riso e pianto. Poesia e dramma grottesco, ambientato nell’area vesuviana degli anni ’80, per raccontare il rapporto tra una madre e una figlia durante le diverse stagioni della vita di entrambe. Un dialogo intessuto di parole, musica dal vivo – con chitarra classica ed elettrica, ūd e tammorre – e segni grafici in cui la prossemica di una madre che perpetua i retaggi millenari dei modelli femminili, si intreccia con gli sconnessi e sgangherati tentativi di ribellione di una figlia che insegue la propria autodeterminazione, pagando prezzi altissimi, in termini di dignità e integrità psicofisica.
Davanti agli spettatori si materializza uno specchio vivente, nel quale la femminilità dell’una, si riflette nell’altra svelando quella maledetta ineluttabile relazione, che esiste ancora in certi contesti, tra l’essere donna e la vergogna, la femminilità e lo scandalo. La pièce mette in scena personaggi archetipi, dal linguaggio contaminato, imprigionati nel doppio speculare Madre-Padre, Madre-Figlia, Padre-Figlia che incarnano la fatica della scelta autonoma in un ambiente gretto e l’incomunicabilità e indicibilità delle famiglie patriarcali con i loro tabù sull’affettività, la corporeità, l’emotività, la sessualità, l’amore, la percezione del sé.
“Presentare un progetto di teatro a tutto tondo, come autrice, regista e interprete è una sfida tortuosa e complessa, eppure fa parte della nostra tradizione da Scarpetta a De Filippo, Viviani, Ruccello, a Moscato a cui sento, irriverentemente, di appartenere” dice la drammaturga che mette gli insegnamenti di questa ‘scuola’ al servizio di figure frangibili, ma in grado di raccontare l’universale fatica di autodeterminarsi in un asfittico contesto di provincia.