Fuorigrotta, bimba con ritardo cognitivo bocciata in prima elementare: il TAR la “promuove”

Napoli – Una vicenda che ha scatenato un acceso dibattito sull’inclusione scolastica e sulle procedure di valutazione degli alunni più fragili. Una bambina di sei anni, affetta da un ritardo cognitivo, è stata inizialmente bocciata in prima elementare in un istituto comprensivo del quartiere Fuorigrotta. Una decisione “disumana e punitiva”, secondo i genitori, che hanno deciso di non arrendersi e di portare il caso davanti al Tribunale Amministrativo Regionale. Il TAR della Campania, con una pronuncia cautelare, ha sospeso la bocciatura, spingendo la scuola a una clamorosa marcia indietro. Ma per la famiglia il rapporto di fiducia è ormai compromesso: la piccola, ora, cambierà istituto.
La storia, emersa nei giorni scorsi, ha come protagonista una bambina con una diagnosi complessa, che include un “ritardo cognitivo prestazionale” e una “depressione da abbandono”. Nonostante le sue fragilità fossero note alla scuola, al termine dell’anno scolastico il consiglio di classe ne ha deliberato la non ammissione alla seconda elementare.
Una decisione che i genitori della piccola non hanno potuto accettare. Assistiti dai loro legali, hanno immediatamente impugnato il provvedimento, presentando un ricorso al TAR della Campania. Nelle motivazioni del ricorso, la famiglia ha sottolineato come la bocciatura fosse non solo un atto punitivo nei confronti di una bambina già in difficoltà, ma anche il risultato di un anno scolastico difficile, durante il quale, a detta della madre, la figlia sarebbe stata “messa in un angolo e dimenticata”.
Il Tribunale Amministrativo, esaminato il caso, ha concesso la sospensiva dell’atto di bocciatura con un decreto cautelare urgente. I giudici amministrativi hanno ravvisato un “vizio motivazionale” e definito la decisione della scuola “intrinsecamente contraddittoria”, accogliendo di fatto le tesi della famiglia e fissando un’udienza di merito per il 3 settembre.
Di fronte alla pronuncia del TAR, l’istituto scolastico ha fatto un rapido dietrofront. La dirigente scolastica ha convocato d’urgenza, in pieno periodo feriale, un consiglio di classe straordinario. Al termine di una lunga riunione, durata secondo le cronache ben dodici ore, i docenti hanno revocato la precedente decisione, ammettendo la bambina alla classe seconda. La stessa dirigente ha in seguito parlato di una scelta iniziale “dolorosissima”, dettata da motivi di ordine pratico e burocratico, come l’indisponibilità di un insegnante di sostegno dedicato alla piccola.
Nonostante la “promozione” ottenuta, la famiglia ha deciso che la bambina non tornerà in quella scuola. “Abbiamo vissuto un inferno, è venuto meno il rapporto di fiducia, soprattutto con la dirigente. Lasciarla lì sarebbe impossibile”, hanno dichiarato i genitori. Una ferita troppo profonda, che ha spinto la famiglia a cercare per la propria figlia un nuovo inizio in un altro ambiente scolastico, nella speranza di un percorso più sereno e realmente inclusivo.
Il caso riaccende i riflettori sulla delicata questione della valutazione degli alunni con bisogni educativi speciali, in particolare nel primo ciclo di istruzione, dove la non ammissione alla classe successiva rappresenta un evento eccezionale e potenzialmente traumatico. La vicenda di Fuorigrotta solleva interrogativi cruciali sul ruolo della scuola nel garantire il diritto allo studio e nel predisporre tutti gli strumenti necessari, come il Piano Educativo Individualizzato (PEI), per supportare la crescita e l’apprendimento di ogni singolo alunno, al di là delle difficoltà e delle diagnosi.