L’OSPEDALE NON SI TOCCA
Il 5 maggio corteo a Sapri
<<Se la manifestazione non dovesse sortire gli effetti sperati, l’unica strada alternativa e inderogabile sarebbe la consegna delle fasce tricolori nelle mani del prefetto di Salerno e se ciò non avverrà, i sindaci si renderanno complici o, peggio, silenti esecutori delle nefandezze dei governi regionale e nazionale, per le fallimentari politiche sanitarie nel golfo di Policastro, calpestando anche la memoria di Giovanni Iantorno, il parroco della gente che il 28 luglio 1979 guidò la sommossa popolare per l’apertura dell’ospedale, subendo l’ostracismo dell’ignobile classe dirigente dell’epoca e l’anatema delle gerarchie ecclesiastiche, reazionarie e oscurantiste>>. Non usa mezzi termini il giornalista indipendente
Pasquale Scaldaferri, sintetizzando la drammatica situazione che stanno vivendo le popolazioni del Cilento meridionale.
Un bacino d’utenza di 50mila persone, con il nosocomio delle tre regioni che abbraccia Campania, Basilicata e Calabria.
Il golfo di Policastro, la Lucania tirrenica, ma anche la Calabria settentrionale, pronti a scendere in piazza, in un serpentone umano che attraverserà la Città della Spigolatrice, per scongiurare il decesso del presidio dell’Immacolata.
Un comprensorio che si sente depredato del suo legittimo diritto alla salute e che ora rischia di veder depauperato anche il punto nascita, primo effetto del provvedimento che sancirebbe il depotenziamento e -come temono i cittadini- l’inizio di un’agonia che provocherebbe la chiusura totale della struttura.
<<Il meno che si possa dire della paventata chiusura del punto nascite di Sapri è che
viene disposta da un ministro che ha fatto una proposta di modifica della legge Balduzzi,
ritenendo giustamente superata la necessità di ancorare la salvezza dei Punti al raggiungimento di un certo numero di parti -argomenta il legale del Comitato civico per l’ospedale, Franco Maldonato, autore tra gli altri del volume La Rivolta di Sapri con un saggio introduttivo sulle rivolte
meridionali degli anni ’70- ciò senza considerare che la
struttura è stata funzionalmente accorpata a quella di Vallo della Lucania,
di cui nessuno -né Schillaci né De Luca- hanno revocato in dubbio la capacità di prestare
garanzie sufficienti per la sicurezza delle gestanti e dei nascituri>>.«Bloccata la ferrovia al Sud, l’Italia si ferma a Sapri»: con questo titolo a tutta pagina, il
ventinove luglio 1979, Eugenio Scalfari apre la prima del quotidiano la Repubblica.
Mille persone assiepate sui binari e in trecento distesi sul selciato della Tirrenica Inferiore.
L’Italia è spezzata in due!
<<È la ribellione di un intero popolo e di un territorio contro chi, strumentalmente, vuole privarci di un bene primario -afferma perentorio Vittorio Napolitano, dirigente Fs in pensione e attivista del comitato- sappiamo bene chi sono i responsabili e quali baratti vi siano stati.
Dove sono finiti i 9 milioni stanziati per la sistemazione del pronto soccorso?
La nostra pazienza è finita>>.
Mentre con un colpo di spugna si vogliono cancellare anni di lotte, di battaglie e il
sacrosanto diritto alle cure e alla salute, <<occorre tenere alta la guardia e lasciar perdere le giaculatorie dei politicanti da ascensore, vassalli amorfi e refrattari che non hanno in questi anni prodotto uno straccio di mozione da presentare nelle sedi istituzionali>> -chiosa Scaldaferri.
Chissà se da martedì 6 maggio a Sapri si inizierà a scrivere una nuova pagina di democrazia e salute.
Nel rispetto della Costituzione!